Quello che è successo non può essere cambiato. Ma quello che si può fare è occuparsi delle tracce del trauma nel corpo, nella mente e nell’anima, di quella sensazione schiacciante che sentiamo nel petto e che chiamiamo ansia o depressione, della paura di perdere il controllo, dell’essere sempre in allerta rispetto a un pericolo o un rifiuto, del disgusto verso se stessi, degli incubi e flashback, della nebbia che ci impedisce di concentrarci sui compiti, dell’essere incapaci di aprire il nostro cuore a un’altra persona.
Il trauma ci defrauda dal sentimento di essere padroni di noi stessi, quindi la vera sfida è ristabilire la padronanza del corpo, della mente, di noi stessi.
Per ripristinare il controllo di se stessi, bisogna ripercorrere il trauma, confrontarsi con ciò che è accaduto ma solo dopo aver acquisito dentro di sé la giusta sicurezza e padronanza nel gestire e modulare quelle emozioni spesso soverchianti che il trauma tende a riattivare. Ogni volta che siamo esposti ad un trauma è naturale desiderare di “andare oltre”, potercelo lasciare alle spalle ma come spesso accade, una parte del nostro cervello deputata a garantire la nostra sopravvivenza, non è così abile a denegare. Molto tempo dopo la sua conclusione, un’esperienza traumatica può essere riattivata al minimo segnale di pericolo e mobilitare circuiti cerebrali a secernere enormi quantità di ormoni dello stress: l’effetto di queste reazioni si traducono in emozioni sgradevoli, sensazioni fisiche e azioni impulsive.
Comprendere perché ci si senta in questi modi non cambia il modo in cui ci si sente ma può impedirci semmai di lasciarci andare a reazioni intense come rompere con il proprio partner o amico al primo diverbio, cadere nelle braccia di uno sconosciuto o aggredire un collega che ci ricorda un perpetratore.
Quando qualcosa riporta le persone traumatizzate al passato, il loro cervello destro, quello emotivo, reagisce come se l’evento stesse accadendo nel presente e poiché in questi momenti il cervello sinistro, quello razionale, non funziona molto bene, non sono consapevoli di stare rivivendo e riattualizzando il passato. A tempesta finita potrebbero cercare un capro espiatorio per giustificare le loro reazioni “perché tu mi hai detto così…perché tu non mi ascolti mai… perché tu eri in ritardo…”.
Nella risoluzione dello stress traumatico l’obiettivo è quello di ripristinare il giusto equilibrio tra i due cervelli che si trovano impossibilitati a parlare! Questo significa che per cambiare le reazioni post traumatiche dobbiamo accedere al cervello emotivo e riparare quel sistema di allarme fallace affinché possa continuare a svolgere efficientemente il suo compito: badare al nostro benessere, gestire la fisiologia del nostro corpo, individuare il senso di agio e sicurezza, le situazioni di pericolo, lo stato di fame e stanchezza, il piacere e il dolore, il desiderio e l’eccitazione. Meno intenso è l’input sensorio e viscerale del cervello emotivo maggiore sarà la capacità del cervello razionale di mettervi un freno.
Vediamo in pratica cosa possiamo fare:
- Auto-consapevolezza: Per cambiare è necessario aprirsi all’ esperienza interna. La mindfulness calma il sistema nervoso simpatico abbassando la probabilità di cadere in meccanismi di attacco e fuga. Imparare a osservare e a tollerare le proprie reazioni fisiche è un prerequisito fondamentale per rivisitare il passato in modo sicuro.
- Affrontare l’iperarousal: questo significa favorire una maggiore capacità di regolazione emotiva. La respirazione lenta e profonda in associazione ad una buona pratica di osservazione attenta e non giudicante delle nostre sensazioni può aiutarci a ritornare all’interno di una finestra di attivazione emotiva tollerabile, a rimanere agganciati nel qui ed ora.
- Imparare a vivere nel presente. Allenarsi a fermarsi ad osservare le cose dentro e intorno a noi, l’effetto che ha su di noi e sul nostro corpo una certa azione: poter sentire la soddisfazione e il piacere nelle piccole cose quotidiane, come fare una passeggiata, giocare con i bambini, cucinare un pasto ci consente di essere pienamente vivi nel presente e non come se la vita ci scorresse a fianco.
- Osservare l’interrelazione tra i pensieri e le sensazioni fisiche: per es. pensieri come mio padre mi ama o la mia ragazza mi ha lasciato producono sensazioni simili? Che effetto hanno su di me, sul mio corpo, sulle mie emozioni?
- Disporre di una buona relazione di supporto che rappresenta la più potente protezione contro la traumatizzazione. Gli esseri umani traumatizzati guariscono in contesti relazionali come nella famiglia, nel rapporto con il partner, nei gruppi di auto mutuo aiuto, nelle comunità religiose e nella Psicoterapia.
Essere in grado di stare in modo calmo e oggettivo, con i propri pensieri, emozioni e sentimenti, per poi prendersi il tempo di rispondere, permette al cervello razionale, di inibire, organizzare e modulare le reazioni automatiche cablate, pre-programmate dal cervello emotivo. Questa capacità è fondamentale per preservare le relazioni con gli altri.
di Katia e Sara Santarelli
Bibliografia Il corpo accusa il colpo. B. Van Der Kolk
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