Faccio sempre come vuoi tu!

Freud sosteneva che per essere felici dovevamo cercare di convogliare la nostra energia psichica nel mondo esterno in modo soddisfacente, senza doverla reprimere o contenere, ossia vivere nel mondo per come noi siamo. Essere liberi di essere. Non sembra difficile, eppure lo è, così come rispondere chiaramente alla domanda chi sono io?

 

Ci sono tante cose che ci impediscono di capire chi siamo e di esprimere il nostro potenziale. Alcune di queste hanno a che fare con schemi maladattivi, trappole che ci impediscono di vivere a pieno la nostra vita.

 

Vediamone una in particolare, la SOTTOMISSIONE.

Quanti di voi si riconoscono in queste affermazioni?

  • faccio molta fatica a far rispettare i miei bisogni
  • faccio di tutto per evitare lo scontro
  • mi preoccupo molto di accontentare gli altri e di ottenere la loro approvazione
  • mi sento a disagio se non cedo ai desideri degli altri
  • mi sento in colpa quando metto me stesso al primo posto
  • i miei bisogni non sono poi così importanti…

Se vi siete ritrovati in alcuni di questi pensieri probabilmente la trappola della sottomissione vi riguarda!

La sottomissione è quello schema che quando è presente ci porta ad accomodarci agli altri, ad essere sempre disponibili, a non esprimere bisogni, emozioni o richieste per evitare conseguenze come la rabbia, l’abbandono o una qualche reazione negativa da parte degli altri, per evitare sensazioni di colpa o di inadeguatezza “se non faccio così sono cattivo, egoista”.

 

Le due forme principali di sottomissione riguardano.

  1. i bisogni: repressione delle preferenze, delle scelte e dei desideri;
  2. le emozioni: repressione delle proprie reazioni emotive, in particolar modo della rabbia.

Generalmente si è convinti che i propri desideri, le proprie opinioni e i propri sentimenti siano inopportuni o ininfluenti agli occhi degli altri.

Spesso la sensazione riportata da chi si accomoda agli altri è la sensazione di essere intrappolati, di non poter fare diversamente, di non avere poi tutta questa scelta. Soddisfare continuamente le esigenze altrui è una responsabilità troppo grande ed estenuante: ci si sente responsabili dei loro bisogni e peggio ancora ancora di quello che gli altri sentono “poi ci rimarrà male, se soffrirà sarà per colpa mia”.

 

Questo modo di funzionare, non lascia spazio alla libertà di sentire, di essere e di fare ciò che sentiamo giusto per noi. Perché? Probabilmente perché nel corso della vostra vita non c’è stata legittimazione rispetto ai propri bisogni, tutti hanno dei diritti tranne che voi o perché la sottomissione è stata confusa con il rispetto e la conciliazione.

Quale famiglia, quale genitore o adulto di riferimento si cela dietro ad una persona che fatica a parlare apertamente dei propri bisogni, delle proprie emozioni? che si accomoda a tal punto da sembrare perfettamente adattabile? Che si sottomette al volere dell’altro per evitare rogne, manipolazioni, colpe o rotture relazionali?

 

Spesso c’è un genitore:

  • che puniva, minacciava o si arrabbiava quando non facevate le cose come voleva lui
  • che portava il muso o diventava meno affettuoso quando non eravate d’accordo su qualcosa
  • che reagiva con emozioni intense e inappropriate di fronte a quello che dicevate o facevate
  • che ha dominato o controllato ogni aspetto della vostra vita
  • che è stato carente nel prendersi cura della famiglia, spingendovi a prendere il carico e il ruolo dell’adulto responsabile o accudente

In una cornice familiare come questa non c’è spazio per parole “ho bisogno di altro...” che per quanto delicate siano per chi le riceve assumono il significato del non rispetto anche a distanza di anni, anche quando si è grandi abbastanza da poter parlare su un piano paritetico, perché per quelle famiglie il ruolo che assume il figlio piccolo o grande che sia è di un individuo che deve obbedire e la disobbedienza non è contemplata….perché di fatto percepita non come libertà di espressione e di pensiero ma appunto come disobbedienza nell’accezione più negativa.

 

La libertà non è qualcosa che ci dobbiamo guadagnare ma qualcosa che c’è già e che possiamo solo tutelare attraverso le nostre azioni e con la consapevolezza di tutto quello che finora ce l’ha messa in gabbia.

 

di Katia e Sara Santarelli

 

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