Quando la confusione domina le nostre scelte

Nella stanza di psicoterapia spesso capita di sentire persone lamentarsi del fatto che non sanno quello che vogliono, costantemente in conflitto tra una scelta e un'altra: chiudere o non chiudere una relazione, cambiare o non cambiare lavoro, andare all’estero o rimanere dove si è….

 

Ogni scelta porta contenuti, pensieri, emozioni totalmente diversi una dall’altra e in alcune persone il conflitto è così aperto e duro da creare malessere, senso di impotenza, confusione, incertezza e vulnerabilità. Ci sono persone per esempio che lottano costantemente tra una parte di sé, che ricerca un legame di attaccamento, una storia d’amore stabile e duratura e che si lega velocemente a qualsiasi persona attraente che le tratti con calore, e una parte iper-vigile e ipercritica che reagisce a qualsiasi caratteristica del partner percepita come meno attraente o meno ottimale come fosse un segno di pericolo. Ed ecco che si innesca un conflitto.

La parte che vuole fuggire, innescata dall’allarme della parte iper-vigile comincia a sentirsi intrappolata con quella che sembra ad un certo punto la persona sbagliata dando origine all’istinto di scappare. 

 

Perché la parte che vuole fuggire inizia a sentirsi intrappolata?

A volte il senso di colpa e la vergogna per il desiderio di fuga e la paura della perdita spesso spingono queste persone a portare avanti relazioni a cui le parti attacco e fuga si oppongono con la stessa intensità. “Quando siamo fuori a farci una passeggiata mantengo le distanze, ma poi torno nel mio appartamento vuoto e sento un forte desiderio nei suoi confronti e vorrei aver lasciato che mi prendesse la mano…” Si oscilla pertanto, tra un terribile desiderio quando si è lontani dal partner e una sensazione di “bleah”, di disgusto o di fastidio che spinge a non avvicinarsi troppo. Senza poter distinguere chiaramente ognuna di queste parti e portarle alla consapevolezza si rimugina in continuazione: “devo andarmene o devo restare, devo continuare o devo lasciarlo, l’amo o non lo amo più?”.  In un circolo vizioso che tende all’infinito generando un senso di impotenza.

 

Quello che accade è che parti diverse della personalità, con punti di vista differenti iniziano a dominare la scena mentale generando una lotta tra le parti per la supremazia. Spesso si accetta l’input delle parti arrabbiate, demoralizzate, sole o autocritiche come “i miei sentimenti” ignorando il fatto che si tratta di stati emotivi transitori e contraddittori. Desiderare un legame con qualcuno è in diretto conflitto con il desiderio di scappare; volersi sentire padroni di sé, competenti ed energici è in conflitto con il voler passare inosservati. Ci si identifica a tal punto con le lotte e i conflitti delle proprie parti da non riuscire a notare le risposte paradossali.

 

Quindi, uno degli obiettivi della terapia sarà proprio quello di sfidare gli assunti e accendere la curiosità attraverso queste due modalità:

  1. Usando il linguaggio delle parti piuttosto che linguaggio dell’io: il paziente sarà invitato ad osservare ogni reazione o sentimento come un messaggio proveniente da una parte o da più parti. Un messaggio che il più delle volte è il messaggio di una memoria che si sta riattivando con le stesse difese di allora.
  2. Utilizzare l’osservazione attraverso la Mindfulness invece delle interpretazioni negative automatiche, così da tenere traccia momento per momento degli indicatori relativi ai pensieri e sentimenti, alle reazioni viscerali e agli impulsi al movimento appartenenti alle proprie parti mentre reagiscono agli stimoli attivanti. Si imparerà pertanto l’arte dell’osservare invece che reagire impulsivamente.

di Katia e Sara Santarelli

 

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